I 14 anni di vita passati con loro e le culture dei diversi paesi dove sono nate le comunità dell’Arche, mi hanno aiutato a scoprire molto di più il mistero dell’uomo e dell’universo.
Nel farvi conoscere le sofferenze delle persone handicappate non voglio parlarvi unica mente degli handicappati mentali; desidero parlarvi anche di tutti coloro che.si sentono esclusi, che non riescono ad inserirsi nel movimento della società, che si sentono soli, che non hanno amici e che, per questo si sentono profondamente scoraggiati.
Scoprendo la tristezza e la solitudine nel cuore delle persone handicappate mentali, ho cominciato 2 capire ciò che Gesù Cristo chiedeva a me e al le nostre comunità.
Abbiamo, sparse per il mondo, 47 comunità. Siamo tutti laici, non, apparteniamo ad un ordine religioso; la maggior parte di noi siamo cristiani, ma nella comunità in India adesso ci sono induisti e mussulmani e nelle comunità inglesi, scozzesi e degli Stati Uniti, lavoriamo molto con i nostri fratelli protestanti.
La nostra chiamata, la nostra vocazione, è di creare delle comunità di riconciliazione, dove “la persona emarginata possa trovare una famiglia e , ritrovando una famiglia, ritrovi una regione d’essere, e il suo essere profondo.
Il dolore di tutte le persone respinte ed emarginate, è quello di aver perduto la . fiducia nella capacità di amare; hanno l’impressione di non valere niente ed hanno solo il sentimento delle proprie frustrazioni, delle proprie violenze e della propria disperazione.
Il campo dell’educazione è cosparso di bugie. Ci sono perso ne che dicono “io ti amo” ma È appena trovano una piccola difficoltà girano le spalle; un bambino non può dare il suo cuore, la sua fiducia, a meno che non sappia con certezza i motivi per cui quella certa persona è lì, vicino a lui.
Ci sono troppe persone nel campo sociale che si occupano degli altri, ma non per gli altri, cioè se ne occupano per se stessi.
Quando uno ama, diventa vulnerabile e quando si diventa vulnerabili si può soffrire, perché amare qualcuno è aprire il proprio cuore è mostrargli le nostre debolezze.
Amare qualcuno vuol dire: “Io ho fiducia in te e ti rivelo allora i miei segreti perché ho fiducia”.
L’amore è l’incontro di Que debolezze; ne. questo quando si ama c’è sempre pericolo di esse re rifiutati e la più grande sofferenza è proprio questa: sentirsi rifiutato, respinto “perché non sono buono, sono malato, perché sono così come sono..
Non c’è sofferenza più grande di un bambino abbandonato dalla madre, di una madre abbandonata dal figlio, di un uomo abbandonato dalla moglie, di una donna abbandonata dal marito, perché quando si è abbandonati ci si trova completamente soli, soli con le proprie miserie, con le proprie tenebre, con la propria collera, con la propria frustrazione ed a questo momento si ca de nell’angoscia e nella di disperazione.
L’angoscia è la più grande sofferenza che un essere può subire; è molto più grande di tutte le sofferenze fisiche ciascuno di noi può assumere la sofferenza fisica se è amato, ma l’angoscia è essere davanti alla propria morte spirituale, è il sentimento di non essere capaci di nulla, d’essere uno che nessuno può amare, di essere uno straniero nel proprio mondo.
Ogni persona scoraggiata aspetta qualcuno che le dica “Io ho fiducia in te, credo che tu possa fare delle belle cose nella tua vita”.
Molto spesso nella persona handicappata, c’è il sentimento di non poter fare nulla.
Trovo, ogni tanto, degli uomini di 25 anni la cui mamma continua a lavarli, anche se di fatto possono lavarsi da soli, perché spesso, per insegnare a un ragazzo 2 lavarsi, occorre molto più tempo che lavarlo noi.
Per insegnare a qualcuno a fare qualcosa da solo, ci vuole molto più tempo che farlo noi stessi.
Allora c’è sempre per i genitori e gli educatori, una grande tentazione di non lasciare che la persona handicappata faccia le cose da sola, perché da una parte le fa male, dall’altra ci vuole molto più tempo soprattutto molta più pazienza.
È una cosa meravigliosa scoprire che si possono rendere dei piccoli servizi, che si può essere capaci di fare delle belle cose… E quando uno scopre di poter fare delle belle cose desidera: imparare per farne del le altre ancora, e più impara più vuole imparare e più ha fiducia in se stesso e più trova la pace interiore.
Quello che mi colpisce sempre nelle persone handicappate è che quando ritrovano un po’ di pace nel loro cuore sviluppano una capacità di amare che è straordinaria. È impressionante invece vedere come nel mondo ci possono essere, ci sono, delle persone con un coefficiente intellettuale molto alto, ma con un coefficiente del cuore molto basso.
E ho scoperto che quelli che hanno un coefficiente intellettuale molto basso,hanno sovente un coefficiente del cuore, una capacità di amare molto alta.
Ho scoperto ancora che la persona handicappata è un essere di fede, di speranza, di amore, precisamente perché non può prevedere lei stessa, perché non ha una intelligenza che le permetta di sbrigarsi da sola, non trova la sicurezza se non credendo negli adulti: è un uomo che crede nell’altro.
Le persone handicappate infatti non possono vivere se non in una situazione in cui sono protetta; non possono trovare la autonomia da sole, hanno bisogno di vivere con gli altri.
Allora se non hanno la capacità di ragionare, hanno però quella che le lega alle altre persone, che le fa essere uomini e donne di pace e di amore; e ciò che mi colpisce sempre è che se esse sono naturalmente persone di fede, di speranza, di amore, sono persone che capiscono molto presto il Vangelo.
“Fratelli, guardate la vostra chiamata, non ci sono tra voi persone molto importanti o nate bene, ma Dio ha scelto ciò che c’è di debole nel mondo per confondere i forti.
Dio ha scelto ciò che c’è di folle nel mondo, per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che è disprezzato, quello che non esiste…”(S.Paolo ai Corinzi)
Il nostro mondo è diventato un mondo in cui ciascuno lotta per se stesso: guardiamo subito chi ha più di noi per invidiarlo e guardiamo raramente quello che ha meno di noi per condividere con lui.
Stimoliamo frequentemente per la nostra educazione la potenza dell’efficienza e dimentichiamo che la realtà più importante è la capacità di amare, di creare delle comunità dove ci siamo, di ridare la speranza con il nostro amore.
Il mondo non si salva con l’odio; la lotta e la violenza ma solo se ci saranno uomini e donne che sapranno amare.
È troppo facile lottare per le strutture dimenticando le persone, né si cambia il mondo conservando le strutture se non si sa che cos’è la persona umana e se non si è pronti a incontrare la persona umana nella sua povertà e nella sua sofferenza.
Se si ha veramente fiducia, fede, nella persona, si ha il presentimento del valore eterno della persona, anche la più piccola, la più povera, la più diversa da noi.
Io personalmente sono convinto che una società che cominci a guardare alla persona handicappata, che cominci veramente ad ascoltarla, che cominci veramente a fare comunità con lei, a scoprire il mistero della tenerezza della persona umana, a poco a poco, scoprirà il mistero dell’amore, perché Gesù Cristo è nascosto dietro il viso del povero.
“Quello che hai fatto al più piccolo dei miei, lo hai fatto a Me”
Scoprendo il mistero del piccolo, si scopre il mistero di Dio e si scoprirà la chiave per la salvezza del mondo e si scoprirò il mistero fondamentale della Chiesa di Cristo.
Nella misura in cui si mette da parte il povero, nella misura in cui si rifiuta di ascoltarlo, nella misura in cui ci si rifiuta di mettersi al suo diapason si resterà in un mondo di teoria e di delusioni, perché sono convinto che la salvezza viene dal cuore del povero e di Dio nascosto nel suo cuore. Perché il nostro Dio è un Dio crocifisso, ed è attraverso la persona crocifissa che si ritrova la salvezza e finalmente la Risurrezione.
Jean Vanier, 1978
(tratto da una conferenza di Jean Vanier tenuta durante il Convegno di Parma 1° marzo 1978)
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.19, 1978