La tua vita di “Pazzo di Dio”, la tua vita d’amore e di gioia mi farebbe venir voglia di seguirti, se potessi capire perché tu chiedi una povertà così assoluta.

Tu, che per la tua famiglia, la tua educazione, eri destinato ad essere, secondo il tuo capriccio, ricco mercante, allegro poeta, mecenate illustre o brillante cavaliere, hai scelto la più stretta povertà e la mendicità.

Tu non hai voluto avere niente per te. Hai diffidato di qualsiasi bene, di ogni genere di superiorità, di ogni tipo di scienza.

Tu hai chiamato i tuoi fratelli “i minori”, proibendo loro di essere sapienti, capi o proprietari. In questo vai contro corrente al sistema di valori della tua epoca. Eppure, povero volontario, canti la tua gioia, la tua anima:riflette la Pace.

Io so che il povero è semplice, dipendente, umile, al servizio degli altri, che è anche imprudente, che è disprezzato, se lo trattano da pazzo, ma so anche che è libero.

Ma pretendi forse che oggi ti si imiti? Vuoi che al tuo seguito si abbandoni famiglia, casa professione, beni, e che si vada mendicando sulle strade senza neanche un bastone?

Lo stesso Vangelo è contro di te. Tu non puoi ignorare che è portato come esempio colui che ha gestito bene i suoi cinque talenti facendoli fruttare il cento per cento e non colui che si è sbarazzato al più presto di quello sporco danaro andando a sotterrarlo.

Non bisogna forse lottare contro la povertà? Non è scandaloso, alla fine del XX° secolo, quando si è capaci di andare sulla luna e di mandare missili su Marte e su Venere, vedere paesi interi soffrire la fame, essere nell’indigenza; categorie sociali o gruppi etnici umiliati e oppressi; vecchi trascurati, malati abbandonati, per non parlare di tutte le miserie morali: depressioni, suicidi, droga?

Non è nostro dovere sforzarci di alleviare tutte le miserie siano esse collettive o individuali, materiali, fisiche o morali?

E se per fare questo bisogna che i paesi, le collettività e gli individui abbandonino ad altri paesi, ad altre collettività, ad altri individui una parte dei loro beni, non è semplice giustizia?

Agli occhi nostri, gente del XX secolo, la povertà non è una virtù da praticare ma un flagello da distruggere. Quello che si poneva a te in termini di spartizione, si pone a noi in termini di lotta e di scontri sociali.

Questo cambiamento di prospettiva rende quasi rivoltante la tua esigenza di povertà.

Francesco, che cosa puoi rispondere alle mie domande?

Questo articolo è tratto da:
Insieme n.16, 1978

Lettera aperta a Francesco d’Assisi ultima modifica: 1978-03-09T09:50:34+00:00 da Redazione

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