Tempo fa, sul numero 14 di Insieme abbiamo già trattato delle “attività della vita quotidiana“. Il nostro articolo riguardava, allora, l’abbigliamento. Oggi abbiamo pensato di toccare un aspetto ancora più essenziale della vita quotidiana, e cioè i pasti. Più essenziale non solo perché si prendono almeno tre volte al giorno, ma anche e sopratutto per ciò che essi rappresentano sul piano affettivo, educativo e sociale.

Le riflessioni che seguono sono principalmente quelle di una educatrice1Jany Boever: “Réflections après un stage d’éducateurs consacré à la vie quotidienne de l’enfant handicapé mental” – SESAME n° 44 Giugno 1977 che ha con sé una lunga esperienza di sforzi e di gioie in questo senso.

È anche la riflessione di una mamma che scriveva sulla stessa rivista: “Vent’anni fa tentavo disperatamente di fare qualche cosa per la mia bambina. Dopo aver cercato una quantità enorme di giochi educativi mi ingegnavo come meglio potevo di trovare il tempo per giocare a giochi a incastro, costruzioni ecc. Adesso penso che, per voler fare bene, ho sacrificato momenti preziosi. Avevo fretta di fare ciò che mi sembrava più educativo: i momenti detti di rieducazione; e facevo con distacco le azioni di una mamma nella vita corrente, delle quali non avevo afferrato l’importanza”. Quelle azioni “miniera inestinguibile di possibilità per far progredire il vostro bambino”.

Sì, far progredire, educare, perché? Verso che cosa?

Si tratta di incoraggiare il bambino ad una più grande autonomia (beninteso stiamo pensando ai più piccoli e ai più handicappati).

Sappiamo che l’autonomia, il “fare da sé”, “fare da solo” è motivo di soddisfazione per ogni bambino. Mangiare da solo, prima con le mani, poi con un cucchiaio, portare la tazza alla bocca quando si ha sete (e i bambini hanno sempre sete!), è soddisfare i propri bisogni, è fonte di piacere e anche, all’inizio dell’apprendimento di un bimbo piccolo, una vera vittoria e perciò un altro motivo di soddisfazione.

Questo apprendimento può incontrare ostacoli molto vari di ordine fisico, psicologico ed altro.

In alcuni casi dovrà essere affrontato per tappe progressive, come nel caso dell’abbigliamento.

Per esempio: mangiare con un cucchiaio è un’attività complessa, fatta da diverse piccole tappe:

  • prendere il cucchiaio
  • con il cucchiaio prendere gli alimenti
  • portare il cucchiaio alla bocca
  • masticare e inghiottire il cibo

Come per l’abbigliamento, in caso di grosse difficoltà, si consiglia di far eseguire al bambino innanzitutto l’ultima tappa della catena dei movimenti.

Per questo presentiamo come un film a rovescio il disegno seguente:

Aiutiamo per il n. 4 – 3 – 2, e cerchiamo di ottenere il n.1.
Quando il n.1 è acquisito e compiuto da solo, aggiungiamo il n. 2 e così via.

Inoltre, in alcuni casi, la scelta degli strumenti (tazza con manico invece del bicchiere) o la loro modifica (il manico del cucchiaio imbottito), possono facilitare l’esecuzione dell’operazione.

Con questi piccoli mezzi noi ricerchiamo l’autonomia, senza dimenticare per questo l’importanza degli aspetti affettivi del pasto: il neonato è legato alla mamma perché riceve da lei il suo nutrimento; il suo affetto dominante si svilupperà prima di tutto per colei che l’ha nutrito.

Ma non ci fermeremo per ora su questo discorso che è più di competenza di uno psicologo. Vogliamo vedere invece un terzo aspetto che ci riguerda tutti, genitri, educatori, amici ecc. e cioè l’aspetto sociologico del pasto.

Per grandi o piccoli, ricchi o poveri, mangiare è mangiare insieme; è mangiare insieme piacevolmente; è condividere. E questo sia che il pasto venga preso in casa o a scuola, nella vita di tutti i giorni o in occasione di una festa.

Ma questo piacere e questa gioia di mangiare insieme non sempre nascono automaticamente dal fatto che delle persone si trovino riunite in una stessa stanza intorno ad una stessa tavola.

  • il rispetto degli altri
  • la distensione, la disponibilità, la gioia di ciascuno
  • la qualità dell’ambiente e la presentazione dei piatti

ci sembrano condizioni essenziali.

La nozione di rispetto degli altri al momento dei pasti, si presenta sotto vari aspetti.

Innanzitutto il rispetto del vicino, che ironicamente a volte prende il nome di “buone maniere”, ma che, a mio avviso, è un elemento essenziale di socializzazione: più mangeremo educatamente a tavola (parlo di tutti noi), più saremo graditi ai nostri vicini. Tutte le mamme sanno quanto sia lungo questo apprendimento:

  • tenere correttamente il cucchiaio
  • mangiare senza sbavare
  • non seminare il cibo dappertutto
  • lavarsi le mani
  • utilizzare il tovagliolo
  • sedersi correttamente
  • non fare rumore
  • parlare sottovoce e non con il boccone in bocca… ecc.

Dobbiamo dare ai bambini la voglia di essere belli e gradevoli per gli altri.

Ma non c’è soltanto il rispetto del vicino; c’è anche il rispetto del lavoro della o delle cuoche.

  • Si finisce sempre ciò che è stato servito (per principio è cosa mangiabile)
  • Si pensa a ringraziare chi l’ha preparato.

Ci si piega dunque alla vita di gruppo, familiare o altra, ma senza dimenticare i problemi o i bisogni particolari: pensare che alcuni possono avere un ritmo molto lento, lasciar loro il tempo di finire, imparare ad aspettare che l’altro abbia finito, non alzarsi in qualsiasi momento.

Bisogna anche rispettare nel miglior modo le affinità degli uni o degli altri: per quanto è possibile lasciare che ognuno scelga il proprio vicino di tavola e non imporre posti arbitrari e definitivi… tutto questo per cercare di creare anche un’atmosfera di distensione e di gioia necessaria quando si sta a tavola insieme.

Certamente, a causa di particolari problemi, l’uno o l’altro dei nostri bambini avrà qualche difficoltà a trovare gioia in un pasto preso in comune; è si deve rispettare — all’inizio questo bisogno di isolamento di chi non può sopportare di pranzare in gruppo. Ma bisogna tendere al pasto in comune e favorirne l’ambiente con la nostra disponibilità la nostra serenità personale.

Per questo sarà a tutti di aiuto la qualità dell’ambiente che sapremo creare per il pasto:

  • sala da pranzo
  • materiale estetico e attraente
  • piatti presentati piacevolmente

Siamo tutti molto consapevoli dell’importanza che ha l’ambiente e la presentazione delle pietanze: ce ne rendiamo conto quando prepariamo con fiori, tovaglie e pietanze deliziose e belle i pranzi per una festa familiare. Infine, per riprendere le parole di quella mamma citata all’inizio:

Che si possa tutti noi, scoprire i tesori che giacciono nella banalità della nostra vita quotidiana.

Nicole Schulthes, 1978

Nicole Marie Therese Tirard Schultes
Ha studiato Ergoterapia in Francia e negli Stati Uniti, co-fondando nel 1961 l'Association Nationale Francaise des Ergotherapeutes, (ANFE).
Trasferitasi a Roma, incontra Mariangela Bertolini e insieme avviano nel 1971, su invito di Marie-Hélène Mathieu, le attività di Fede e Luce e partecipano all'organizzazione del pellegrinaggio dell'Anno Santo del 1975. Dal 1983 al 2004 cura con Mariangela la rivista Ombre e Luci. Per anni ha organizzato il campo estivo per bambini e famiglie sul campus della scuola Mary Mount a Roma.

Questo articolo è tratto da:
Insieme n.16, 1978

L’educazione delle persone disabili: imparare a mangiare insieme e in autonomia ultima modifica: 1978-03-06T11:00:34+00:00 da Nicole Schulthes

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.