Una meravigliosa esperienza
Carissimi, amici ed siamo Rosaria ne e sentiamo il dovere e la gioia di donarvi questa nostra meravigliosa esperienza vissuta giorno per giorno da circa due anni e mezzo per amore di Gesù, scoperto attraverso il dolore e lo smarrimento.
Siamo sposati da dodici anni e la nostra vita è stata sempre abbastanza serena.
Eravamo cattolici un po’ tiepidi; tiepidi perché Dio non era al primo posto nella nostra vita e perché per noi era importante tutto il resto: comprare la casa, vestire bene, la carriera, i soldi… ecc. Per noi sembrava abbastanza normale andare avanti così. Per guanto mi riguarda in fondo al mio cuore c’era sempre qualcosa di insoddisfatto che non riuscivo ad identificare; come donna tanto nel lavoro che in famiglia la mia vita era serena e tranquilla.
Dalla nostra unione nacquero due figli: Barbara che ora ha nove anni e Paolo di sette, Proprio per una grave malattia di quest’ultimo, circa tre anni fa, dopo un furto di diversi milioni subìto poco dopo, che ci lasciò in critiche condizioni economiche e gravi dissapori in famiglia, avemmo la certezza che questi dolori, Dio li permetteva per un fine che non conoscevamo e che, comunque avevamo capito con certezza che i nostri figli erano, in realtà, figli di Dio.
Così ci sentimmo attratti dal Vangelo che ci dava forza, coraggio e un prepotente desiderio di mettere in pratica una promessa che avevamo fatto anni prima, di adottare una bambina, naturalmente sana.
In una mattina di quei giorni tormentati ci recammo in un Istituto di bambini abbandonati e dopo tante coincidenze sbalorditive che ci fecero essere certi di essere guidati da Gesù, dicemmo il nostro sì a Lui consentendo di adottare una bambina nata cieca per glaucoma bilaterale, handicappata psichica mentale, e a casa ci accorgemmo che era anche sordomuta e con una salute malferma.
Malgrado tutto sentimmo una grande attrattiva per quest’esserino scartato e abbandonato da tutti, tranne che da Dio che ci chiedeva di aiutarla ed amarla per suo conto.
Giorno per giorno e notte dopo notte, la nostra pazienza e le nostre rinunce ci sbalordivano, ma capimmo che questa nostra disponibilità era il mezzo attraverso cui passava l’amore di Dio, accettando la bambina così com’era per tutta la vita, non avendo avuto da nessuno un soldo di speranza.
Rita, così si chiama la bambina, per i primi sei-otto mesi non dava segni di accorgersi di noi e continuava tra l’altro a battere la testa a terra o alle sbarre del lettino in un movimento ritmico causato da una degenza di oltre un anno in un ospedale.
Malgrado le nostre miserie e le nostre insufficienze, Gesù lo sentivamo presente tra di noi e per Lui trattavamo Rita come una nostra figlia. Quando la salute glielo permise cominciammo a portarla ovunque con noi tra gli amici, gli zii, i cugini, inserendola completamente. Anche Paolo e Barbara hanno contribuito a questo inserimento e l’hanno accolta e continuano ad accoglierla con tanto amore e semplicità come solo i bambini sanno fare, e non esageriamo se diciamo che sono orgogliosi di Rita.
Ora Rita vede abbastanza bene, cammina, i suoi nervi si sono calmati, comincia a pronunciare qualche parola, sente benissimo e da un paio di mesi è autosufficiente oltre a non aver più paura delle persone, com’era inizialmente, diventando addirittura socievole.
La più grande soddisfazione è che comincia a volerci bene. Adesso Rita ha quattro anni e mezzo e anche se si è trasformata, è ancora un po’ handicappata per vari motivi. È evidente da ciò che Gesù vuol operare i miracoli attraverso gli uomini che hanno fede in Lui.
La nostre vita è cambiata: eravamo tiepidi, come ho detto in precedenza, ed ora siamo sereni avendo fatto un salto di qualità ed io in particolare, sono riuscita ad identificare cos’era quella insoddisfazione iniziale, che altro non era che amore per Dio, e scoperto attraverso questa bambina.
Del resto Gesù (nel Vangelo secondo Giovanni 9,1-3) ai suoi discepoli che gli chiedevano perché un bambino nasce infelice, se per peccati dei genitori o per punizione, risponde: perché si manifesti la Gloria di Dio.
Invece il mondo continua ad emarginare queste creature, vergognandosi di loro ed impedendo così che la Grazia e la Luce di Dio si manifesti attraverso loro.
Rita, la bambina che abbiamo adottato, in due anni e mezzo che è in casa ha fatto tanto di quel bene, trasformando prima di tutto noi, infondendo gioia e speranza intorno a noi, e due famiglie ci hanno scritto comunicandoci che hanno avuto la gioia di adottare, dopo aver sentito la nostra esperienza; due femminucce spastiche. Inoltre tralascio di riportare centinaia di episodi che ci confermano come attraverso Rita, Gesù opera in mezzo a noi, facendo sì che la nostra croce e i nostri pesi diventano soavi e leggeri, così come si legge nel Vangelo se mettiamo in pratica la sua Parola.
Dimenticavo di dirvi quanto bene ho ricevuto dalla vostra giornata “Fede e Luce”, svoltasi il 28 ottobre ’75 in S. Pietro, dove mi trovavo per strana coincidenza, Sentii quella sera, in mezzo a tante sofferenze e preghiere; la misteriosa presenza Ai Dio che ci chiedeva di amare quella bambina che già da quattro mesi avevamo in casa.
Da allora anche i rapporti con i nostri parenti, amici e estranei li vediamo con altri occhi, perché siamo certi che Dio ci unisce e lo ringraziamo di cuore perché ci rende capaci di vedere sempre Gesù in ogni creatura qualsiasi essa sia; riconoscendo nell’amore scambievole ogni fonte di Vita.
Grazie per averci seguito.
Rosaria e Gastone Pellegrini, 1978
Dal diario di Tobia
Avevo già deciso di ritirarmi nella mia casetta per il letargo invernale quando improvvisamente sentii parlare di cose molto interessanti… tesi l’orecchio…
“Polenta, spezzatini con salcicce, caldarroste…”
Non c’era alcun dubbio! Si stava organizzando una Castagnata!
“Non posso mancare” dissi tra me.
E così il 13 novembre mi intrufolai tra i bagagli pronti per la partenza e dopo un breve tragitto in macchina eccoci tutti quanti ai “Gigutin”, la nostra casetta in montagna.
Quanti amici ! Tutti raccolti intorno a un tavolo lungo tre giorni di cammino (cammino mio, s’intende!).
Non mancava proprio niente: la polenta, l’allegria, il vino, la musica…. e per finire una montagna di caldarroste cotte a puntino dagli esperti del gruppo.
Nel primo pomeriggio è giunto, applauditissimo, il nostro Don che ha celebrato una messa tutta per i ragazzi
Verso sera, con le gambe indolenzite per le lunghe scorribande trai boschi, dopo una vlanda di “Ciac” e di arrivederci, abbiamo fatto ritorno alle nostre case. Che bella giornata
Peccato che non abbiate potuto partecipare anche voi di tutta Italia!
Sarà per un’altra volta!
Ciao a tutti dalla vostra
Tobia, tartaruga dell’allegria
Presenza solare
Il tu sguardo sereno
il tuo sorriso dolce
i tuoi occhi invitanti
parlano
al mio amore
che la tua vita
felice
accanto a chi ti ama
dimentica
i suoi limiti
Tu sei tra noi
una presenza solare
dài insperati orizzonti
al nostro piccolo mondo.
Ed io mi sento ricca
d’averti vicino
pronta
a cogliere
il tuo messaggio
di verità
Piera C.
Scuola e inserimento
Siamo molto impegnate, noi mamme di bambini “diversi”, con i decreti delegati, ed anche se attualmente non faccio parte della scuola dell’obbligo, aiuto la mamma di Michele a portare avanti il discorso dell’inserimento e della necessità del mantenimento delle classi speciali per dar modo a tutti i bambini in difficoltà di approdare alle strutture scolastiche adatte ai loro limiti.
Ho visto nel vostro giornalino che anche voi affrontate la questione chiedendo la collaborazione dei lettori.
Ti mando un mio scritto in proposito. Continua il discorso per poter darei ai genitori con idee confuse un indirizzo chiaro sul diritto dei loro figli di essere aiutati, quando arrivano all’età scolare, da strutture esterne alla famiglia, in modo tale che la società si senta spinta a prendere in considerazione il problema e non a demandare solo alla singola coppia che ha avuto la disavventura di avere un figlio diverso, il compito di creare un presente e possibilmente un futuro al proprio congiunto.
La scuola dei diversi
Nel clima rovente dei decreti delegati vorrei far giungere la mia voce per ricordare che, nonostante i guai della scuola di oggi, non ci si deve dimenticare degli handicappati, a proposito dei quali suono la campane a martello.
È diventato quasi una moda parlare di loro; per me e per altri genitori nelle mie stesse condizioni è da tempo una necessità. E non per cercare commiserazione o falsi pietismi negli interlocutori, ma per trovare aiuti sinceri e disinteressati nel costruire quelle strutture sociali necessarie ad una loro vita dignitosa e serena. Tenendo conto che gli handicappati -e mi riferisco ai gravi e medio gravi – sono esseri indifesi, non padroni a volte del loro corpo a volte della loro mente, tutti debbono avvicinarsi a loro con umiltà, rispettando innanzitutto la loro dignità di esseri umani.
In questi ultimi tempi si è fatto un gran parlare del loro inserimento nella vita scolastica e nel contesto sociale: è chiaro che ciò è un loro diritto, anzi è tale da sempre, solo che non è stato rispettato. E nella foga di rivalsa ora si rischia di oltrepassare i limiti, si rischia cioè di non rispettare le esigenze, le necessità, il mondo di chi è diverso.
È questo un altro grosso errore. I nostri figli devono vivere, non solo “vegetare”!
Il loro mondo ha bisogno di strutture particolari, adatte volta per volta ai loro handicap. L’emarginazione vera verrebbe immettendoli nel contesto sociale, senza tener ben conto delle loro limitazioni, e volendone farne a forza dei normo-dotati.
Questo pericolo lo sta correndo ora la “politica scolastica” che lotta per l’abolizione delle classi speciali, per l’inserimento ad ogni costo di tutti gli handicappati nelle classi normali, senza lasciare nessuno spazio pedagogico e didattico adatto alle loro reali capacità.
E se questo “esperimento”non dovesse riuscire? Se il bambino grave o medio grave dal punto di vista psichico restasse con i suoi problemi, oggetto solo di curiosità nei primi tempi e dimenticato poi nel suo ruolo di diverso?
Chi lo ricompenserà dell’ingiuria subita in nome di una eguaglianza di diritti mal interpretata?
Sappiamo già che l’inserimento selvaggio ha dato grossi guai e non buoni frutti a chi non ha potuto opporsi. Alle spalle di qualsiasi bambino handicappato in età scolare debbono esserci del personale specializzato e disponibile, delle strutture di sostegno che gli consentano di progredire in quel suo lungo e faticoso cammino verso l’autosufficienza. Diritto quindi alla scuola, a vivere con gli altri, rispettando però la loro diversità, approntando tutti gli strumenti necessari che ora sono carenti.
Laddove invece l’handicap non coinvolga la psiche o l’intelligenza del bambino, ma altri settori, vuoi motori, vuoi visivi o auditivi, l’inserimento nella scuola comune diventa un diritto, se preparato e sostenuto da operatori coscienti con l’aiuto di insegnanti specializzati e tecnici che permettano al docente di superare di volta in volta le difficoltà che si presentano nel corso dell’anno.
Solo così il problema dell’inserimento può venire risolto, lasciando nell’ambito scolastico uno spazio che è di diritto sia ai più che ai meno colpiti.
Piera Cipresso, 1978
Orgogliosa nave
Orgogliosa nave,
partita dalla più lontana terra d’America,
hai attraversato tutto il mare
verso il golfo dell’Ellade
per giungere alla Pasqua del Signore.
In un’ammirazione di stelle
ti avvicini luminosa.
Una scialuppa si stacca
con pochi uomini
sin quasi alla riva.
Ma l’ultimo percorso,
il più breve, è il più duro. Occorre qualcuno e qualcosa
che vinca i marosi e gli scogli
dell’ultimo tratto.
Per giungere alla tua terra, o Signore,
un piccolo handicappato
tira fuori dalla sua tasca
un giocattolo fatto per lui
con un rocchetto di legno, uno stecco e un elastico.
E Tu, o Signore,
ci accogli alla riva,
Oreste Bertoldi, Roma, 21 aprile 1974
Ho passato un bellissimo Natale!
Era tanto tempo ormai che non mi sentivo così. I giorni che precedono il Natale sono festosi, si sentono nell’aria i momenti di gioia che dovranno venire ed io in mezzo a tanta gente cosiddetta normale, mi sono sempre sentita sola, esclusa, non partecipe ed ora, dopo tanto tempo, mi sono sentita felice, incredula veramente di assaporare tanta gioia: ma c’era, ed ancora c’è!
Il giorno prima, la Vigilia, sono andata a comprare dei regaletti. Lo faccio quasi tutti gli anni e questa volta è stato fantastico. Mi sono sentita amata, accettata, anche se a me è successo qualcosa di tremendo, cioè avere un figlio spastico. Non che mi manchi l’amore di mio marito, dei miei genitori, delle mie sorelle: quello è ormai accertato. MA sentirsi accettati da tutti voi, come lo avete fatto, da voi che ci avete voluto bene prima ancora quasi, di conoscerci, mi ha fatto sentire sicura, non inopportuna in mezzo a gente sconosciuta.
Di tutto questo ne ho fatto partecipe i miei familiari la notte di Natale, ho parlato di tutti voi, abbiamo cantato tutti insieme i canti che abbiamo imparato a S. Silvia e Daniele e Pablo facevano il coro felici.
Un Natale che non dimenticherò mai.
Questa è una piccola parte di ciò che avrei da dirvi, perché se dovessi dire tutte le sensazioni e la gioia che mi date non basterebbe un intero giornalino.
Vi abbraccio tutti e vi dico: grazie che ci siete.
Ancora una piccola constatazione: è quasi finito l’inverno e io neanche me ne sono accorta. Per me l’inverno è sempre stato tremendamente lungo.
Rita , 1978
Domenica con voi
Cari amici, chi vi parla è una amica di Pablo, un bambino come voi che frequenta la “Scuola Serena”. Pablo abita nel mio stesso palazzo e le mie bambine sono sue amichette. La mamma di Pablo mi parlava sempre di voi ed io avevo un gran desiderio di conoscervi. Così oggi sono qui con tutti voi a S. Silvia e ho passato insieme alle mie bambine una domenica stupenda.
Ho sentito, vedendovi, grande simpatia per tutti voi. Ho scoperto un mondo nuovo a cui vorrei dare tanto. Vorrei parlarvi di tutte le mie sensazioni che ho provato, delle gioia che ho sentito cantando insieme a Sergio e il sentire Louis parlare e cantare insieme a tutti noi.
Vorrei dirvi grazie, perché vivo spesso con Pablo che già mi ricompensa con tanti bacini, ma stare con voi mi ha insegnato che la vita non è fatta di soldi, di correre per arrivare sempre a un qualche cosa che non si conosce, ma bisogna amare e vivere vicini per assaporare cosa sia veramente la felicità. Ancora grazie, Amici, e spero di rivedervi presto per passare altre ore con voi e darvi tutto l’amore che mi sento dentro.
Ciao! e un bacione a tutti.
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.16, 1978