Analisi
Le prime pagine del libro ci presentano Anna come una ragazzina di sei anni, che si dondola con esasperante monotonia su una seggiola, che spalanca i suoi occhi azzurri sul mondo senza raccoglierne niente, che – pur essendo molto graziosa – è pronta a trasformarsi in un “iroso”, urlante e sputacchiante animaletto”.
Ci presentano anche i suoi genitori, una giovane coppia qualunque nel momento in cui subisce il gelido colpo di una diagnosi senza speranza. “È molto improbabile che vostra figlia vi riconosca un giorno” dice il medico.
Poi i genitori e la ragazzina escono dallo studio del dottore e chi legge il libro li seguirà senza riuscire ad abbandonarli prima della parola fine. Seguirà la storia della lotta drammatica che l’intera famiglia intraprende per strappare Anna all’autismo – un male misterioso, pochissimo conosciuto, che sconvolge fino al punto di interrompere del tutto i rapporti del bambino con il mondo che lo circonda.
La lotta sarà coronata da un insperato, meraviglioso successo: Anna, a vent’anni, è una allegra e intelligente ragazza in tutto simile alle sue coetanee.
Oltre all’amore, alla speranza; alla sensibilità, all’attenzione dei genitori di Anna, sarà proprio l’osservazione di tipo scientifico che costantemente il padre, non còlto, non specialista, dedica alla sua creatura che gli permetterà di trovare la chiave per aprirsi uno spiraglio nella mente sconvolta della bambina e per portarla piano piano ad un rapporto corretto con la realtà.
Valutazione
È bello il libro? Vale la pena leggerlo?
Penso senz’altro di sì, e non solo perché è una storia che appassiona e che trascina, non solo perché infonde coraggio e speranza in chi vive il dramma dei bambini diversi. Di positivo c’è anche il modo semplice con cui è scritto, che descrive molto bene i metodi usati nella difficile educazione di Anna e sottolinea l’importanza dei cambiamenti nell’ambiente che circonda il bambino per modificarne il comportamento.
L’amore senza limiti dei genitori di Anna che sa trasformarsi in coraggio e intelligenza, dovrebbe aiutare a trasformare tanto amore immaturo della società, tanta sensibilità puramente emotiva, in azione decisa e in serietà professionale.
Questo libro dunque è molto bello, sprona e dà coraggio, ma penso sia giusto fare qualche altra considerazione.
Sappiano che ci sono padri e madri, ugualmente pieni d’amore, che non hanno ottenuto gli stessi risultati: il libro potrebbe trasformarsi per loro in un peso; in un senso di colpa per non essere stati abbastanza bravi, mentre si sa che la malattia assume in ogni bambino aspetti e gravità diversi. Inoltre, se nel libro sembra quasi giusto che Anna alla fine sia accettata da tutti perché è guarita, è intelligente e piacevole, noi non dobbiamo rinunciare a dire che fare posto, accettare, anche tutti coloro che sembrano solo “irosi, urlanti e sputacchianti animaletti”, è segno, oltre che di solidarietà e di amore, anche di maturità psicologica e civile.
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.15, 1977