Presto tu te ne andrai. Rispetto l’impegno preso e torno al mio Paese, dici tu, ed hai ragione. Ci lascerai, pensiamo noi, e verrebbe spontaneo e fin troppo facile fare ricorso ai versi di un tuo connazionale “Ne me quitte pas, ne me quitte pas…”.
Lassù, non sai ancora bene quale sarà il tuo lavoro. Certo ti saranno affidate dalle autorità locali mansioni impegnative e svolgerai compiti di rilievo: farai grandi cose. Forse tornerai qualche volta a trovarci; forse, preso dalle nuove attività, non avrai il tempo di pensare a noi e Fede e Luce sbiadirà piano piano in lontananza (ma qualcosa di questa esperienza ti rimarrà dentro, magari a tua insaputa).
Chi sa cosa farai, Michel? Insegnamento, discorsi, opere pratiche e concrete, Conoscerai nuove persone, parlerai a gente così detta importante, ti dedicherai con l’entusiasmo che abbiamo imparato a conoscere in te sincero, ad azioni per le quali sarai apprezzato, richiesto, elogiato, ecc, Certamente non mancheranno neppure a te le difficoltà; come a nessuno mancano: dovrai lottare anche tu, ancora prepararti, lavorare, pagare un prezzo per ogni successo.
Però ricorda una cosa, Michel. Se un giorno, fra tanto tempo, qualcuno ti chiederà – come taluni sostengono – una specie di rendiconto su ciò che hai fatto nella tua vita, tu potrai sicuramente elencare una serie di bellissime ed onorevolissime azioni che chiuderanno in attivo il tuo bilancio. Ma se vuoi stravincere, non dimenticare di aggiungere che in giorni lontani, all’inizio degli anni settanta, ad un gruppo di ragazzi e bambini romani ingiustamente alle prese con problemi più grandi di loro, ai quali la vita non offre molto e non promette nulla, a quei ragazzi, a quei fanciulli tu, un giorno, hai donato un sorriso.
Una mamma di “Fede e Luce”, Luglio 1976
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.11, 1976