Il primo sabato in cui ho partecipato anch’io alla festa di Foi et Lumière avevo molta paura: paura per chi avrei incontrato, per come mi sarei dovuta comportare, perché ogni mio gesto – credevo – sarebbe stato misurato dagli altri con sguardo critico.
Invece non è stato così. Non ho tardato ad ambientarmi, ad instaurare un dialogo con tutti gli altri, senza differenza per l’età o per situazioni particolari. Ho ritrovato quel contatto umano e quel senso della vita che spesso ormai si sono persi nello svolgersi frenetico delle giornate degli esseri ‘normali.
Ho scoperto la differenza tra pietà e amore.
Prima non credevo che un “bimbo difficile” potesse avere dei sentimenti: mi sono, con gioia questa volta, dovuta invece ricredere di fronte alla spontaneità e all’affetto di una Gabriella, alla sensibilità di un Fabrizio… Credo che noi tutti più che dare, a questi ragazzi, dobbiamo ringraziarli per quello che essi con la loro gioia e la loro fede nel vivere una vita “inutile”, danno a noi.
Fino a ieri, insomma, un handicappato era per me un qualcosa da fuggire o, se incontrato, da dimenticare; oggi è una persona da amare come gli altri, forse anche di più, perché dotata di talenti diversi dai miei ma non minori, e se volessi venir meno a questo amore penso che mi frenerebbe il faccino di Noris, illuminato da due tristi e profondi occhi verdi che sembrano continuamente interrogarti.
Un volto così non si può dimenticare, ma non dimenticare significa al tempo stesso impegnarsi positivamente.
– Maria Grazia, 1979
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.1, 1974
Sommario
Insieme di Enzo
I bambini di tutti di Maria Teresa
Ci hanno scritto... di redazione
Come loro di Maria Grazia
Joseph ha fatto la prima comunione di M. Bertolini