Stavamo partendo per Lourdes e nel salutare, uno dei nostri parenti mi prese in disparte e mi disse: “Ti auguro un buon viaggio, ma non capisco come fai ancora a credere alla Madonna.”
Si partiva con poca convinzione o almeno non profonda, da veri credenti. Nei tre giorni di viaggio in macchina, si recitò qualche giaculatoria ma di quelle dette più per convenienza che per amore.
Nella cittadina mariana, trovammo veramente un’aria diversa da tutte le altre città; a parte le quasi necessarie cose profane che ci si notano, c’è tanta spiritualità che l’anima in un primo tempo rimane confusa ed incerta, poi si inebria e si sazia come se fosse arrivata digiuna e avesse trovato finalmente tanto buon cibo.
Al secondo giorno di presenza a Lourdes, dopo aver vuotato il “mio povero sacco” in uno dei tanti confessionali a disposizione, decisi di bagnarmi in piscina; mia moglie rimase incerta nel vedermi andare, ma a distanza di pochi minuti mi seguì con le bambine.
Non eravamo andati per chiedere miracoli o grazie che sia, per la nostra Jaja, quindi non ci aspettavamo niente di trascendentale dalla nostra presenza alla grotta; oggi posso dirlo con un filo d’orgoglio ma allo stesso tempo con tanta umiltà di aver finalmente pianto, ma di un pianto dolce e liberatorio, mischiando le mie lacrime alle acque della piscina, alla presenza dei quattro scout addetti ad immergermi interamente nella acqua.
Non so dare la definizione esatta di ciò che è stato per me quel bagno; forse un secondo battesimo, se non addirittura il vero.
A Lourdes ho sentito cantare il dolore, ho capito e visto con i miei occhi che si può patire fiduciosamente senza disperarsi od abbattersi, non abituarsi con abulia al proprio destino, ma accettare con amore e per amore del Cristo il mistero del dolore che avvolge l’esistenza tutta dell’uomo.
Tramutare la sofferenza in gioia, non è cosa da tutti i giorni, ma la mia convinzione è che la mamma celeste, in un modo o nell’altro continua a fare miracoli di questo genere tutti i giorni e in tutte le latitudini della terra.
Si potrebbe dire che non c’era obbligo che mi muovessi da Roma per riuscire a capire delle cose così elementari, ma permettetemi di rispondere che partire col cuore pieno di tristezza e tornare che è colmo di gioia e forza di volontà per lottare, valeva ben la pena di quel viaggio,
– Ettore, 1974
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.2, 1974
Sommario
Fede e Luce di Enzo
La paura degli altri di M. Bertolini
Giovanissimi di redazione
Lettera ai giovani di Maria Grazia
Ci hanno scritto di Redazione
Cecilia: un'esperienza di Cecilia
Come fai a credere nella Madonna? di Ettore