Grégoire è un bambino “autista” (che ha cioè grave difficoltà a entrare in comunicazione con gli altri n.d.r.) dello stesso tipo di cui parla, e cura il dottore americano Bettheilhem a Chicago.
Lui è stato “bloccato” nel suo sviluppo mentale quando era molto piccolo; fisicamente è normale, Ma, a poco a poco, invece di rimanere sempre chiuso dentro di sé e verso il mondo, si è aperto lentamente, e adesso si interessa molto di più alle persone e alle cose. Non parla ancora ma si esprime in un altro modo, gradualmente o con gli occhi molto espressivi e volontari.
Eravamo andati a vederlo, mio marito ed io, una bella mattina piena di sole. Era fuori, nel giardino recintato, con altri bambini psicotici.
Siamo entrati e lo abbiamo chiamato con una voce dolce, Lui ci ho fatto un gran sorriso ed è arrivato subito. L’abbiamo baciato e ci siamo seduti sotto un albero per cominciare a parlare e a cantare a due voci le sue canzoni preferite. La sua gioia era la nostra gioia. Il suo viso intelligente e affettuoso, pieno di dolcezza e di luce nel vederci e ci rendeva felici.
Abbiamo cantato e parlato così durante una mezz’oretta.
A poco a poco vedevamo gli altri bambini avvicinarsi a noi, con molta prudenza e timidezza. Ad un certo punto ho parlato a una bambina più vicina invitandola a sedere con noi. Ma si è nascosta dietro a un albero, troppo impressionata. Non ho detto più niente e con coraggio, qualche minuto dopo, un’altra bambina è venuta da sola vicino a noi.
Seguitavamo a cantare, mio marito ed io, e dopo un quarto d’ora quasi tutti i bambini erano intorno a noi ad ascoltare le nostre canzoni.
Mio marito ed io eravamo commossi perchè capivamo come tutti i nostri bambini hanno bisogno di affetto! Qualunque sia il loro handicap, ed ancora di più proprio a causa del loro handicap!
Forse questi bambini hanno sentito l’amore che lega mio marito, Grégoire e me, e ne hanno voluto approfittare un pochino.
Non volevano più andar via, lasciare Grégoire e i suoi piccoli compagni che senza dire niente erano tanto vicini a noi e ci ascoltavano con tanta passione.
Avevano bisogno di noi, della nostra presenza, del nostro tempo, del nostro affetto, della nostra disponibilità!
Ma noi avevamo anche un’altra vita che ci aspettava a case: la sorellina e il fratellino…
Infine siamo andati via con molta nostalgia, pensando che non faremo mai abbastanza per i nostri bambini handicappati.
Albine, 1975
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.3, 1975